GABRIELE D'ANNUNZIO
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Gabriele D'Annunzio
Pescara, 12 marzo 1863 – Gardone Riviera, 1º marzo 1938
161 anni fa nasceva il "vate" Gabriele D'Annunzio
Scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico, giornalista e patriota italiano, simbolo del decadentismo e celebre figura della prima guerra mondiale, dal 1924 insignito dal re Vittorio Emanuele III del titolo di "Principe di Montenevoso".
Soprannominato il Vate (allo stesso modo di Giosuè Carducci), cioè "poeta sacro, profeta", cantore dell'Italia umbertina, o anche "l'Immaginifico", occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924. È stato definito «eccezionale e ultimo interprete della più duratura tradizione poetica italiana».
Come figura politica, lasciò un segno nella sua epoca ed ebbe un'influenza notevole sugli eventi che gli sarebbero succeduti.
La sua arte fu così determinante per la cultura di massa, che influenzò usi e costumi nell'Italia – e non solo – del suo tempo: un periodo che più tardi sarebbe stato definito, appunto, dannunzianesimo.
Tornato dal suo "periodo Francese" (dal 1904 al 1915) nel 1915 ritornò in Italia, dove rifiutò la cattedra di letteratura italiana che era stata di Pascoli; condusse immediatamente un'intensa propaganda interventista, inneggiando al mito di Roma e del Risorgimento e richiamandosi alla figura di Giuseppe Garibaldi.
Il discorso celebrativo che D'Annunzio pronunciò a Quarto il 5 maggio 1915 durante l'inaugurazione del monumento ai Mille, in seno alle imponenti manifestazioni che si svolsero a Genova in occasione delle celebrazioni del Primo maggio, segnò l'inizio di un fitto programma di manifestazioni interventiste, che culminarono con le arringhe tenute a Roma durante tutto il periodo antecedente l'entrata in guerra, durante le cosiddette "radiose giornate di maggio".
Con lo scoppio del conflitto con l'Austria-Ungheria, D'Annunzio, nonostante avesse 52 anni, ottenne di arruolarsi come volontario di guerra nei Lancieri di Novara, partecipando subito ad alcune azioni dimostrative navali e aeree. Per un periodo risiedette a Cervignano del Friuli e Santa Maria la Longa, località vicine al Comando della III Armata, a capo della quale era il suo estimatore Emanuele Filiberto di Savoia, Duca d'Aosta.
La sua attività in guerra fu prevalentemente propagandistica, fondata su continui spostamenti da un corpo all'altro come ufficiale di collegamento e osservatore.
Ottenuto il brevetto di Osservatore d'aereo, nell'agosto 1915 effettuò un volo sopra Trieste insieme al suo comandante e carissimo amico Giuseppe Garrassini Garbarino, lanciando manifesti propagandistici; nel settembre 1915 partecipò a un'incursione aerea su Trento e nei mesi successivi, sul fronte carsico, a un attacco lanciato sul monte San Michele nel quadro delle battaglie dell'Isonzo.
Il 16 gennaio del 1916, a seguito di un atterraggio d'emergenza, nell'urto contro la mitragliatrice dell'aereo riportò una lesione all'altezza della tempia e dell'arcata sopracciliare destra. La ferita, non curata per un mese, provocò la perdita dell'occhio che tenne coperto da una benda; anche da questo episodio trasse ispirazione per autodefinirsi e autografarsi come l'Orbo veggente. Dopo l'incidente passò un periodo di convalescenza a Venezia, durante il quale, assistito dalla figlia Renata, compose il "Notturno". L'opera, interamente dedicata a ricordi e riflessioni legati all'esperienza di guerra, fu pubblicata nel 1921.
Dopo la degenza, contro i consigli dei medici, tornò al fronte: nel settembre 1916 partecipò a un'incursione su Parenzo e, nell'anno successivo, con la III Armata, alla conquista del Veliki e al cruento scontro presso le foci del Timavo nel corso della decima battaglia dell'Isonzo. Il colonnello francese De Gondrecourt, incaricato dal Governo francese insignì il 12 gennaio 1917 il capitano d’Annunzio della "Croix de Guerre". La decorazione era arrivata insieme ad una lettera del generale Louis Hubert Gonzalve Lyautey del 7 gennaio: “Mio capitano, sarei stato molto fiero se avessi potuto io stesso porre sul vostro petto la Croce di guerra francese. Il Governo è felice di decretarla al grande italiano, che predicò una guerra santa dall’alto del Campidoglio e che, col suo genio e col suo entusiasmo incitò l’eroica levata degli scudi latini contro il nemico della nostra civiltà e della nostra razza. L’Esercito francese è anch’esso felice di offrire la sua ricompensa suprema al soldato, al combattente, al ferito, il quale non esitò a scegliere, per l’incessante battaglia, l’arme più audace e più rischiosa. Vi dono l’abbraccio d’uso con tutta la mia cordiale simpatia.”
Nell'agosto del 1917 compì, con i piloti Maurizio Pagliano e Luigi Gori e il loro Caproni Ca.33, decorato con l'Asso di Picche, tre raid notturni su Pola (3, 5 e 8 agosto). Alla fine del mese effettuò col medesimo equipaggio attacchi a volo radente sulla dorsale dell'Hermada, riportando una ferita al polso e rientrando con il velivolo forato da 134 colpi. A settembre parve realizzarsi la possibilità di effettuare l'agognato raid su Vienna. A tal fine, con Pagliano e Gori compì un volo dimostrativo di 1000 km in 9 ore di volo, ma all'ultimo istante il consenso al raid venne negato. Alla fine di settembre si trasferì a Gioia del Colle (BA), inquadrato sempre con Pagliano e Gori, oltre al tenente Ivo Oliveti, Casimiro Buttini, Gino Lisa, Mariano D'Ayala Godoy, Andrea Bafile e il corrispondente di guerra del Corriere della Sera Guelfo Civinini, nel Distaccamento A.R., comandato dal maggiore Armando Armani, sui Caproni Ca.33 e al comando della 1ª Squadriglia bis, per compiere una missione sulle installazioni navali del golfo di Cattaro.
L'impresa venne portata a termine con successo, sempre con Pagliano e Gori, la notte del 4 ottobre, volando per oltre 500 km sul mare, senza riferimenti, orientandosi con la bussola e le stelle.
Alla fine di ottobre, durante la battaglia di Caporetto, incitò i soldati, pronunciando discorsi appassionati. Nel febbraio del 1918, imbarcato sui MAS 96 della Regia Marina, partecipò al raid navale, denominato la beffa di Buccari, azione dedicata alla memoria dei suoi compagni di volo Pagliano e Gori, caduti il 30 dicembre. Cazzullo riporta un episodio in cui il poeta cercò di impegnare truppe italiane per un'operazione puramente dimostrativa volendo posizionare un enorme tricolore sul castello di Duino, situato oltre il fronte, in direzione di Trieste. Quando gli austriaci, accortisi dell'incursione, aprirono il fuoco uccidendo.
L'11 marzo 1918, con il grado di Maggiore, assunse il comando della 1ª Squadriglia navale S.A. del campo volo di San Nicolò del Lido di Venezia, primo esperimento di siluranti aeree, chiamata Squadra aerea San Marco, e ne coniò il motto: Sufficit Animus ("È sufficiente anche solo il coraggio"). Tale squadriglia era mista, in quanto formata da aeroplani da ricognizione-bombardamento (velivoli SIA 9B - quattro velivoli nel 1º semestre 1918 e sette velivoli nel 2º semestre 1918) e da ricognizione/caccia (10 velivoli Ansaldo S.V.A.).
Nell'agosto del 1918, alla guida della 87ª Squadriglia aeroplani "Serenissima", equipaggiata con i nuovi velivoli SVA 5, realizzò il suo sogno: il Volo su Vienna. Preso posto su uno SVA modificato, pilotato dal capitano Natale Palli, il 9 agosto raggiunse con una formazione di sette aeroplani la capitale asburgica, compiendo un volo di oltre 1 000 km, quasi tutti sorvolando il territorio in mano al nemico. L'azione, dal carattere esclusivamente psicologico e propagandistico, fu caratterizzata dal lancio di migliaia di manifestini nei cieli di Vienna, con scritte che inneggiavano alla pace e alla fine delle ostilità. L'eco e la risonanza di tale azione furono enormi e perfino il nemico dovette ammetterne il valore. Fino al termine del conflitto, D'Annunzio si prodigò in innumerevoli voli di bombardamento sui territori occupati dall'esercito austriaco, fino alla battaglia finale, ai primi di novembre 1918.
Al termine del conflitto «egli apparteneva di diritto alla generazione degli assi e dei pluridecorati…» e il coraggio dimostrato, unitamente ad alcune celebri imprese di cui era stato protagonista, ne consolidarono ulteriormente la popolarità. Si congedò con il grado di Tenente Colonnello, inusuale, all'epoca, per un ufficiale di complemento (ebbe tre promozioni per merito di guerra); gli verrà anche concesso nel 1925 il titolo onorario di Generale di brigata aerea. Fu insignito di una Medaglia d'Oro al Valor Militare, cinque d'Argento e una di Bronzo. Nell'immediato dopoguerra D'Annunzio si fece portatore di un vasto malcontento, insistendo sul mito della "vittoria mutilata" e chiedendo, in sintonia con il movimento dei combattenti, il rinnovamento della classe dirigente in Italia.
Durante il conflitto D'Annunzio conobbe il poeta giapponese Harukichi Shimoi, arruolatosi negli Arditi dell'esercito italiano. Dall'incontro dei due poeti-soldati nacque l'idea, promossa a partire dal marzo 1919, del raid aereo Roma-Tokyo, ovviamente pacifico, a cui il Vate voleva inizialmente partecipare, e che fu portato a termine dall'aviatore Arturo Ferrari.
Nel settembre 1919 d'Annunzio, alleatosi con un gruppo paramilitare, guidò una spedizione di "legionari", partiti da Ronchi di Monfalcone (ribattezzata, nel 1925, Ronchi dei Legionari in ricordo della storica impresa), per l'occupazione della città di Fiume, che le potenze alleate vincitrici non avevano assegnato all'Italia. Con questo gesto D'Annunzio raggiunse l'apice del processo di edificazione del proprio mito personale e politico.
Il 12 novembre 1920 i governi italiano e jugoslavo stipularono il trattato di Rapallo, che trasformava Fiume in una città libera. D'Annunzio non accettò il trattato e rifiutò ogni mediazione, spingendo il governo a intervenire con la forza. Tra il 24 e il 27 dicembre, le truppe governative attaccarono i legionari. La breve guerra, definita "Natale di sangue", causò numerosi morti e il bombardamento della città. Ai tempi di Fiume D'Annunzio soprannominò sprezzantemente Cagoja l'ex primo ministro Francesco Saverio Nitti. Lo Stato libero di Fiume non ebbe vita facile. Anche dopo la partenza di d'Annunzio, fu sconvolto dal conflitto tra autonomisti e annessionisti, fino a quando nel 1924 la città fu annessa dall'Italia fascista.
Deluso dall'epilogo dell'esperienza di Fiume, nel febbraio 1921 si ritirò in un'esistenza solitaria nella villa di Cargnacco (comune di Gardone Riviera), che pochi mesi più tardi acquistò. Ribattezzata il "Vittoriale degli Italiani", fu ampliata e successivamente aperta al pubblico. Qui lavorò e visse fino alla morte, curando con gusto teatrale un mausoleo di ricordi e di simboli mitologici di cui la sua stessa persona costituiva il momento di attrazione centrale.
Il 1º marzo 1938, alle ore 20:05, Gabriele D'Annunzio morì nella sua villa per un'emorragia cerebrale, mentre era al suo tavolo da lavoro. Ai funerali di Stato, voluti in suo onore dal regime fascista, la partecipazione popolare fu imponente. Il feretro, avvolto dalla bandiera del Timavo era seguito da «…la folla innumerevole degli ex legionari, degli ammiratori, dei devoti alla sua gloria e alla sua fama…». È sepolto nel mausoleo del Vittoriale.
Onorificenze:
Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia:
«Capo di squadra aerea nei voli dell'offensiva d'agosto seppe, con magnifico esempio, rendere l'azione concorde ed efficacissima. Nel cielo del campo di battaglia contrastato da intensissimo tiro di ogni arma, osò l'inosabile, fulminando il nemico dalle più basse quote con audacissima insistenza.»
— Cielo del Carso, 19-26 agosto 1917
Ufficiale dell'Ordine Militare di Savoia:
«Animatore di ogni energia, in tutti trasfondendo la sua fede ed il suo amore, con magnifico e superbo volo condusse su Vienna uno stormo di prodi, affermando in modo sinora insuperato la potenza delle ali d'Italia.»
— Cielo di Vienna, 9 agosto 1918
Medaglia d'Oro al Valor Militare:
«Volontario e mutilato di guerra, durante tre anni di aspra lotta, con fede animatrice, con instancabile opera, partecipando ad audacissime imprese, in terra, sul mare, nel cielo, l’alto intelletto e la tenace volontà dei propositi – in armonia di pensiero e d’azione – interamente dedicò ai sacri ideali della Patria, nella pura dignità del dovere e del sacrificio.»
— Zona di Guerra, Maggio 1915-Novembre 1918
Medaglia d'Argento al Valor Militare:
«Come ufficiale osservatore prese parte volontariamente a varie missioni di guerra compiute nel territorio nemico da idrovolanti della Regia Marina, mantenendo sempre contegno esemplare e coraggioso e dando costante prova di sangue freddo e giovanile ardimento anche sotto il tiro dell'avversario. In un atterraggio riportava grave lesione all'occhio destro.»
— Adriatico, Maggio 1915-Febbraio 1916
Medaglia d'Argento al Valor Militare:
«Durante le azioni dal 10 al 12 ottobre e dal 1° al 3 novembre, fu compagno ai soldati che conquistarono il Veliki ed il Faiti. Entusiasta ed ardito in ogni suo atto, l'esempio dato fu pari alla parola e gli effetti ottenuti efficaci e completi.»
— Veliki Kribak, 10-12 ottobre; Faiti Krib, 1°-3 novembre 1916
Medaglia d'Argento al Valor Militare:
«In grandiosa impresa aerea da lui stesso propugnata e in aspro combattimento terrestre sul Timavo superato, fu per il suo ardimento di meraviglia agli stessi valorosi.»
— Cielo Carsico-Timavo, 23-28 maggio 1917
Medaglia di Bronzo al Valor Militare:
«Su apparecchi terrestri, percorrendo un lungo tratto di mare aperto, in condizioni avverse, riusciva, con altri, a raggiungere le bocche di Cattaro ed a colpire con grande esattezza ed efficacia gli obbiettivi navali, ritornando con tutti gli altri alla base, nonostante le deviazioni inevitabili nella crescente foschia.»
— Bocche di Cattaro 4-5 ottobre 1917
Medaglia di Bronzo al Valor Militare:
«Incitatore efficace, ammirevole per fede e per ardimento, esempio perseverante di militari virtù, all'incursione di Buccari partecipò volontario.»
— Buccari 10-11 febbraio 1918
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