mercoledì 30 novembre 2016

30 NOVEMBRE 2016 - BUON COMPLEANNO

TEMPO DI AUGURI - GEMMA






30 NOVEMBRE 2016 - SAN ANDREA APOSTOLO



Sant' Andrea Apostolo

30 novembre

Bethsaida di Galilea - Patrasso (Grecia), ca. 60 dopo Cristo


All’apostolo Andrea spetta il titolo di 'Primo chiamato'. Ed è commovente il fatto che, nel Vangelo, sia perfino annotata l’ora («le quattro del pomeriggio») del suo primo incontro e primo appuntamento con Gesù. Fu poi Andrea a comunicare al fratello Pietro la scoperta del Messia e a condurlo in fretta da Lui.
La sua presenza è sottolineata in modo particolare nell’episodio della moltiplicazione dei pani. Sappiamo inoltre che, proprio ad Andrea, si rivolsero dei greci che volevano conoscere Gesù, ed egli li condusse al Divino Maestro. Su di lui non abbiamo altre notizie certe, anche se, nei secoli successivi, vennero divulgati degli Atti che lo riguardano, ma che hanno scarsa attendibilità. Secondo gli antichi scrittori cristiani, l’apostolo Andrea avrebbe evangelizzato l’Asia minore e le regioni lungo il mar Nero, giungendo fino al Volga. È perciò onorato come patrono in Romania, Ucraina e Russia.
Commovente è la 'passione' – anch’essa tardiva – che racconta la morte dell’apostolo, che sarebbe avvenuta a Patrasso, in Acaia: condannato al supplizio della croce, egli stesso avrebbe chiesto d’essere appeso a una croce particolare fatta ad X (croce che da allora porta il suo nome) e che evoca, nella sua stessa forma, l’iniziale greca del nome di Cristo. La Legenda aurea riferisce che Andrea andò incontro alla sua croce con questa splendida invocazione sulle labbra: «Salve Croce, santificata dal corpo di Gesù e impreziosita dalle gemme del suo sangue… Vengo a te pieno di sicurezza e di gioia, affinché tu riceva il discepolo di Colui che su di te è morto. Croce buona, a lungo desiderata, che le membra del Signore hanno rivestito di tanta bellezza! Da sempre io ti ho amata e ho desiderato di abbracciarti… Accoglimi e portami dal mio Maestro».

sabato 26 novembre 2016

26 NOVEMBRE 2016 - SAN CORRADO



San Corrado di Costanza Vescovo

26 novembre

900 c. - 26 novembre 975

Nato verso il 900 dal guelfo conte Enrico di Altdorf ed entrato come «frater adscriptus» nel monastero di San Gallo, fu affidato alla scuola della cattedrale di Costanza per esservi educato allo stato clericale. Nel 934, in presenza di sant'Ulrico, vescovo di Augusta, venne eletto vescovo di Costanza. Benché non abbia svolto un'attività politica, sembra fosse molto apprezzato da Ottone I al cui seguito probabilmente si trovò durante il viaggio a Roma per l'incoronazione imperiale (964). Secondo una notizia leggendaria sarebbe stato tre volte a Gerusalemme. Morì il 26 novembre 975 e fu sepolto nella basilica di San Maurizio, da lui costruita. Callisto II, in una lettera del 28 marzo 1123, indirizzata al vescovo, clero e popolo di Costanza, dichiarò Corrado santo. (Avvenire)

Etimologia: Corrado = consigliere audace, dal tedesco

mercoledì 23 novembre 2016

23 NOVEMBRE 2016 - MEMORIE SENZA TEMPO

23 novembre 1980 Irpinia e Basilicata
6,9 Richter
X/XI Mercalli
Dopo la Seconda guerra mondiale, il più terribile terremoto in Italia, con una durata della scossa eccezionale: 90 secondi. Furono devastate diverse zone tra la Campania e la Basilicata, con danni ingentissimi, soprattutto nell'area dell'Irpinia. Vennero distrutti numerosi paesi. A Napoli, nel quartiere di Poggioreale, crolla un palazzo di diversi piani, provocando 52 morti. Danni ingenti nelle province di Avellino, Salerno, Benevento, Matera e Potenza. 8.000 i feriti e 250.000 senzatetto.

Teora

domenica 20 novembre 2016

20 NOVEMBRE 2016 - STRADA DEGLI EROI - MEMORIE SENZA TEMPO - 100 ANNI 1° CONFLITTO MONDIALE

La strada degli Eroi vera e propria è il tratto lungo circa 2 chilometri che collega la Galleria d'Havet al rifugio Achille Papa, situato alle Porte del Pasubio, sul comune di Valli del Pasubio. Scavata sulla destra orografica delle pareti verticali a precipizio sull'impervia Val Canale, presenta un fondo naturale piuttosto dissestato.
Il nome deriva dal fatto che sulla parete rocciosa sono collocate delle targhe in onore delle 15 medaglie d'oro al valor militare che combatterono sul Pasubio durante la Grande Guerra.



sabato 19 novembre 2016

19 NOVEMBRE 2016 - EDOARDO SUAREZ - MEMORIE SENZA TEMPO - 100 ANNI 1° CONFLITTO MONDIALE

Edoardo Suarez (Napoli, 7 aprile 1869 – Vallone di Foxi, 29 giugno 1916) è stato un militare italiano, colonnello dei Bersaglieri e medaglia d'oro al Valor Militare



Biografia
Ex-allievo della Scuola Militare Nunziatella, si conosce poco della sua carriera nel Regio Esercito. È certo che dopo la Nunziatella frequentò l'Accademia militare di Modena, da cui uscì con il grado di sottotenente e venne destinato al 2º Reggimento bersaglieri. Con il suo reparto partecipò alla Guerra d'Eritrea nel 1895 ed alla Campagna di Libia nel 1911.
Fu successivamente nominato comandante del 217º Fanteria, appartenente alla Brigata Volturno.
La Volturno era stata formata il 23 marzo 1916 dall'unione del 217º e 218º Fanteria, entrambi costituiti all'inizio del dicembre 1915 e provenienti dai depositi del 19º e del 15º Fanteria, rispettivamente.
Inquadrata nella 10ª Divisione, la Volturno arrivò in zona d'operazioni in due momenti successivi, il 16 febbraio 1916 il 217º, ed il 23 marzo il 218º. Il primo dislocamento della brigata fu la zona compresa tra Barazzeto, Meretto di Tomba, Nogaredo di Corno e Plasencis.
Il 18 e 19 aprile successivi, la brigata partì in treno dalle stazioni di Codroipo e Pasian Schiavonesco verso Bassano del Grappa e vi rimase per quasi un mese, fino al 16 maggio successivo. Il 17 maggio riprese a muoversi verso la Val Leogra effettuando una prima tappa tra Primolano, Fastro, Carpané, Cismon del Grappa e San Gaetano. Giunta a destinazione il 18 maggio, il giorno dopo si divise in due, con il 218º Fanteria che entrò immediatamente in zona d'operazioni schierando il I e II battaglione nel vallone di Foxi, in posizione di difesa del Col Santo ed il III sul monte Pasubio. L'infuriare dei combattimenti su quest'ultima altura richiese presto l'intervento del 217º, il quale schierò il II battaglione tra il Monte Pasubio ed il Corno di Pasubio, il I battaglione si attestò su quest'ultimo ed il III battaglione rimase di riserva.
La Volturno respinse gli attacchi nemici fino al 24 maggio sera, e durante la notte successiva riallocò il 217º Fanteria sul colle di Xomo, mentre la posizione precedente fu tenuta dal 71º Fanteria. Il 28 maggio la Volturno ricevette ordini di portarsi in Vallarsa in sostituzione della brigata Verona, ma mentre si apprestava ad eseguire il movimento, la linea tenuta dal 219º, tra la val Bettale ed il pianoro di Maso, fu sfondata. Di conseguenza, il 217º fu inviato a riconquistare la posizione. Due attacchi successivi, eseguiti tra il 28 ed il 29 maggio, nonostante avessero sortito risultati inizialmente confortanti, non riuscirono a stabilizzare la linea di fronte. In aggiunta a ciò, il 217º subì gravi perdite, quantificabili in 26 ufficiali e 662 tra graduati e soldati.
Nonostante i numerosi caduti, il 217º rimase sulla linea del fronte sui Sogli di Campiglia fino al 20 giugno, svolgendo azioni di disturbo al comando della brigata “Sele”. Rilevato dall'80º Fanteria, fu messo successivamente in posizione di riserva divisionale fino al 24, prima a San Antonio, e poi in linea tra Pian delle Fugazze e Malga del Cornetto.
Il 26 giugno il comando di brigata ricevette ordine di muoversi verso la Vallarsa, dato che il nemico sembrava voler abbandonare quelle posizioni. Il 217º, insieme con altri reparti di diversa origine, si mosse in avanscoperta. Accolto all'altezza di Chiesa da fuoco di artiglieria, che si intensificò in prossimità di Foxi, il 217º avanzò con difficoltà. Il 27 si mosse più profondamente lungo la Valle di Foxi, avendo come obiettivo le alture tra monte Testo e monte Corno. Raggiunto il Boale Zocchi, il 217º mosse all'assalto delle posizioni nemiche sotto violente scariche di fucileria. Constatata l'impossibilità di aver ragione del nemico, fortemente trincerato, il reparto ridiscese l'altura, sempre sotto il fuoco. Il 28 giugno l'assalto fu ritentato, e questa volta la cima del Boale Zocchi venne raggiunta e mantenuta fino al giorno successivo. La posizione si rivelò tuttavia presto insostenibile, e nonostante l'accanita resistenza, il 217º fu costretto una volta di più a ripiegare alla base delle alture del fianco destro della valle di Foxi, lasciando solo una linea di posti avanzati a quota 1.007 metri. In queste circostanze (29 giugno 1916) il colonnello Suarez cadde sul campo.
Per il comportamento tenuto alla testa del suo reparto, gli fu tributata la Medaglia d'Oro al Valor Militare, che si aggiunse alle due Medaglie d'Argento al Valor Militare precedentemente assegnategli. Il suo nome è ricordato insieme a quello di altre 14 medaglie d'Oro al Valor Militare (tra cui un altro ex-allievo della Nunziatella, il tenente Umberto Cerboni) sulla Strada degli Eroi, una via del monte Pasubio.
A lui è dedicata una via del quartiere Arenella di Napoli, in cui il nome è riportato con la grafia Eduardo. La stessa grafia è utilizzata in una targa marmorea a lui intitolata, posta al civico 147 di via Riviera di Chiaia a Napoli.



Onorificenze
Medaglia d'oro al valor militare
«Sempre alla testa del suo giovane reggimento di reclute, con slancio ammirevole, con sacrifizi eccezionali, riconquistava una importantissima posizione, che teneva saldamente, arrestando l'invasore proprio sull’orlo dell’ultimo baluardo che gli chiudeva lo sbocco nella pianura. Irrompendo, poi, vittoriosamente in Vallarsa, riusciva ad aggrapparsi ed a mantenersi coi suoi uomini, quasi allo sbocco dell’altipiano, combattendo ininterrottamente contro il tenace nemico ammassato tra le rocce, finché, proprio quando aveva assolto l'arduo e penoso compito, eroicamente cadeva, fulminato dal piombo nemico.»
— Vallone di Foxi, 29 giugno 1916.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'argento al valor militare


venerdì 18 novembre 2016

18 NOVEMBRE 2016 - SERVO DI DIO MARIO VERGARA

AUGURI Mario

Servo di Dio Mario Vergara Missionario martire
.

Frattamaggiore (NA), 18/11/1910 – Shadaw (Birmania), 25 maggio 1950



Giovane missionario, gloria del suo Istituto Religioso e della sua terra Campana. Mario Vergara nacque a Frattamaggiore (Napoli) il 18 novembre 1910, ultimo dei nove figli di Gennaro Vergara e Antonietta Guerra e due giorni dopo venne battezzato nella parrocchia arcipretale di S. Sossio (Diocesi di Aversa).
Una volta terminate le Scuole Elementari nel 1921, vincendo l’opposizione del padre, entrò nel Seminario di Aversa, ma spinto dal desiderio di amare Dio nei fratelli lontani e non credenti, a 19 anni nel 1929 entrò nel Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME), fondato dal venerabile mons. Angelo Ramazzotti (1800-1861), vescovo di Pavia e patriarca di Venezia, che ha dato alla Chiesa tanti santi sacerdoti missionari, fra i quali il beato Paolo Manna (1872-1952).
Nella Casa di Monza iniziò il terzo anno di liceo, ma prima del termine dell’anno scolastico, fu costretto a ritornare in famiglia per gravi motivi di salute (forti attacchi di appendicite e addirittura una peritonite).
Una volta guarito, pensò bene di non esporre il suo debole fisico ai freddi invernali del Nord Italia, pertanto riprese gli studi momentaneamente nel Seminario Campano di Posillipo a Napoli, diretto dai Padri Gesuiti.
A 23 anni il 31 agosto del 1933 rientrò nel PIME, frequentando a Milano l’ultimo anno di teologia e il 24 agosto 1934 fu ordinato sacerdote.
Dopo qualche giorno, dopo aver salutato perenti ed amici, padre Mario Vergara venne inviato in Birmania, dove giunse a Toungoo alla fine di ottobre 1934; qui si dedicò allo studio delle lingue delle tribù cariane e dopo qualche mese gli venne assegnato il distretto di Citaciò, della tribù dei Sokù con 29 villaggi.
Si faceva amare da tutti e tutti avevano una grande stima di lui, anche i sacerdoti indigeni; aveva un cuore d’oro, prediligeva i più piccoli e gli ammalati che assisteva e accudiva con grande dedizione.
Era sacerdote, educatore, medico, amministratore e spesso anche giudice ed arbitro; divenne per tutti, cattolici e non, un punto di riferimento, noncurante dei disagi, del maltempo, della malaria che spesso lo attaccò.
Ma sul mondo incombeva l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, il 10 giugno 1940 l’Italia dichiarò guerra all’Inghilterra che aveva il protettorato sulla Birmania oggi Myanmar.
Tutti i missionari italiani furono considerati fascisti, costretti ad interrompere tutte le attività e il 21 dicembre 1941 furono inviati nei campi di concentramento inglesi situati in India.
Dopo tre anni, verso la fine del 1944 alcuni missionari compreso padre Mario Vergara, furono rilasciati e quindi poterono ritornare alle loro missioni.
Il suo fisico si era molto indebolito, perché oltre alla spossatezza dovuta alla detenzione di quegli anni, aveva subito alcuni interventi chirurgici, fra cui l’asportazione di un rene.
Ormai temeva di essere rimpatriato, perché considerato inutile, ma in realtà non fu così, mons. Lanfranconi vescovo di Toungoo gli espose il suo progetto di fondare una nuova missione all’estremità della frontiera orientale della Diocesi missionaria di Toungoo; padre Vergara accettò con entusiasmo e partì da solo; nel 1947 fondò la missione e poi parrocchia di Shadaw.
I suoi sforzi apostolici diedero subito ottimi risultati, provocando però il risentimento dei protestanti battisti; intanto in Birmania, che nel 1948 aveva ottenuta l’indipendenza dall’Inghilterra, scoppiò la guerra civile.
La posizione di padre Mario Vergara diventò molto precaria, anche per la sua opposizione forte e coraggiosa ai soprusi delle truppe cariane ribelli di religione battista, le quali opprimevano l’indifesa popolazione, requisendo viveri e imponendo tasse insopportabili.
Il 24 maggio 1950 padre Vergara, accompagnato dal suo catechista, il maestro Isidoro, si recò a Shadaw per protestare per un torto subito e lì vennero arrestati come spie del governo centrale; all’alba del 25 maggio 1950 furono uccisi a colpi di fucile e i loro corpi rinchiusi in sacchi, gettati nel fiume Salween e non più ritrovati; con loro fu ucciso anche padre Pietro Galastri, che dal 1948 era giunto a Shadow ad aiutare padre Vergara.


mercoledì 16 novembre 2016

16 NOVEMBRE 2016 - MARIO ROSSANI - MEMORIE SENZA TEMPO - 100 ANNI 1° CONFLITTO MONDIALE

 MARIO ROSSANI
SCHEDA DEL CADUTO



Nominativo (e paternità): ROSSANI MARIO DI ANTONIO
Albo d'Oro: Puglie I - (Vol XVII)
Province: BA - FG
Comune nascita: CASSANO DELLE MURGE
Data nascita: 1 Febbraio 1890
Grado: Maggiore in Servizio Attivo
Reparto: 5 Reggimento Genio
Distretto: Distretto Militare di Barletta
Morto o Disperso: Morto
Data Morte: 26 Giugno 1918
Luogo Morte: Vallarsa
Causa Morte: Ferite riportate in combattimento
Decorazioni: MEDAGLIA D'ORO E DUE D'ARGENTO E UNA DI BRONZO AL V. M.
Sepoltura:



martedì 15 novembre 2016

15 NOVEMBRE 2016 - GIORDANO OTTOLINI - MEMORIE SENZA TEMPO - 100 ANNI 1° CONFLITTO MONDIALE

Giordano Ottolini (Milano, 1893 – Monte Spil, 30 giugno 1916) è stato un militare italiano.
Biografia
Nato a Milano nel 1893, studia alle scuole magistrali e, dopo aver conseguito il diploma, si dedica all'insegnamento (a Codogno) come già aveva fatto sua madre.
Nel febbraio del 1915 si ammala gravemente di tifo e «tornò a scuola, ricorda qualcuno, irriconoscibile. Spettrale, con una gran barba incolta e nerissima che gli dava un aspetto da cospiratore e contrabbandiere [...] La malattia lunga e insidiosa gli aveva lasciato uno strascico piuttosto grave che gli avrebbe potuto fare ottenere facilmente l'esonero dalle armi. Scoppiata invece la guerra, partì felice (è la parola) e frequentò un corso di allievi ufficiali»[1] presso il 5° Bersaglieri all'inizio della Prima guerra mondiale. A novembre è già al fronte come aspirante.
È ferito ad Oslavia, nei pressi di Gorizia, e promosso sottotenente al 71° Fanteria (brigata Puglie) in Albania.


Statua a Giordano Ottolini (via Tiraboschi, Milano - 1923)
Rientrato con il reggimento, combatte sul Pasubio ed è nuovamente ferito: è fregiato con la medaglia d'argento al valor militare «per l'eroismo col quale seppe condurre e proteggere i suoi uomini e per non aver voluto a nessun costo abbandonarli dopo una nuova ferita, nemmeno quando si mordeva le labbra per lo spasimo cagionatogli da un principio di congelamento agli arti inferiori» (Rinaldi).
Nonostante le menomazioni fisiche, già venti giorni dopo sullo Spil è a capo dei suoi uomini per difendere la linea tenuta dal 71° Fanteria.
Con lo scopo di annientare una mitragliatrice che bersagliava la trincea italiana da una altura, Ottolini raduna un drappello di uomini e si getta all'attacco della postazione: gli austriaci, per avere migliore possibilità di difendersi, si muovono dalla loro fossa, troppo riparata e vulnerabile, per un combattimento corpo a corpo.


Durante la lotta Ottolini si ritrova solo, con il moschetto spaccato per i colpi inferti e accerchiato da un gruppo di soldati austriaci. Gli viene intimato di arrendersi. In un momento di perplessità, Ottolini scorge, abbandonato al suolo, un piccone di quelli utilizzati per scavare la postazione della mitragliatrice, lo raccoglie in un lampo e si lancia di nuovo all'attacco dei nemici uccidendo un tenente e disperdendo altri soldati. Raggiunta la linea nemica menando colpi su colpi e ferito al braccio da una baionetta, ripiega infine verso la propria trincea.
La mitragliatrice, tuttavia, è ancora nelle mani del nemico, ma questi ha subito tali perdite che un nuovo assalto immediato offrirebbe tutte le probabilità di riuscita. Ottolini si offre nuovamente per l'assalto, affermando di conoscere con esattezza la posizione della mitragliatrice. Medicatosi il braccio ferito, al comando del nuovo drappello prepara l'assalto ed esce dalla trincea.
Colpito in fronte da un proiettile, muore il 30 giugno 1916.
È riportato nell'articolo di Rinaldi parte di una delle ultime lettere scritte dal sottotenente Ottolini prima della morte ed indirizzata ad un altro ufficiale d'artiglieria italiano, che la ricevette nei primi di luglio del 1916: «Carissimo ..., avremo, fra poco, molto caldo! Pensate ad allungare i tiri voi artiglieri; noi allungheremo le gambe in direzione dei Tognit [2]. In quanto a me, cercherò di allungare le mani, garantito! Sono in forma e sono tranquillo. Arrivederci a... (cancellatura). Ti abbraccio e in bocca al lupo. Ottolini» (Rinaldi).



Decorazioni

Medaglia d'oro al valor militare - alla memoria
«con pochi uomini si slanciava all’assalto di una mitragliatrice nemica, vicina alla sua posizione. Rimasto isolato ed accerchiato, si difendeva strenuamente, infliggendo gravi perdite all’avversario. Avuta da un ufficiale avversario l’intimazione di arrendersi, lo freddava con un colpo di piccone. Riaccesasi più feroce la lotta, menando colpi di piccone a destra ed a manca, riusciva a sfuggire agli assalitori e faceva ritorno alle nostre linee, passando attraverso quelle nemiche. Ferito, si medicava da sé e ritornava poi a combattere, rimanendo subito dopo nuovamente colpito a morte.[3][4]»
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'argento al valor militare
— Monte Spil, 30 giugno 1916

lunedì 14 novembre 2016

14 NOVEMBRE 2016 - ANTONIO GIOPPI - MEMORIE SENZA TEMPO - 100 ANNI 1° CONFLITTO MONDIALE

ANTONIO GIOPPI
(dal libro Alpini una famiglia)



Figura nobilissima dell'irredentismo trentino, ufficiale di carriera preparato e brillante, Alpino di nascita, è il colonnello conte Antonio Gioppi, nato a Sermide di Mantova nel 1863 da genitori trentini. I Legionari Trentini hanno sempre e doverosamente esaltato l'eroismo del conterraneo col. Gioppi, ne hanno ricordato le gesta e gli hanno reso onore appuntando la sua medaglia d'oro alla memoria sul labaro della Legione, vicina a quelle dei Martiri Battisti, Filzi e Chiesa.
Gli Alpini trentini, dal canto loro, lo annoverano con legittimo orgoglio fra i loro eroi, ne coltivano e tengono viva la memoria, andandolo spesso a salutare all'Ossario del Pasubio ove è sepolto.
La signora Bice Rizzi, per molti anni direttrice del Museo del Risorgimento di Trento, patriota ed irredentista, scomparsa il 27 aprile 1982, così scriveva di Antonio Gioppi nella rivista «Trentino» - Annata 1938, pagg. 161-163:
«Ed è tempo che il Trentino rivendichi a sé (senza togliere a Sermide mantovana l'onore di avergli dato i natali) il nome e la memoria di questo valoroso, la cui medaglia d'oro bene e giustamente brilla sul labaro della Legione Trentina. Ché egli è di puro sangue trentino, figlio cioè di Maria Antonietta Cofler di Rovereto e del dotto Giacomo conte Gioppi nato a Campi di Riva nel 1820. La nobile famiglia Gioppi figurava fra le notabili roveretane e di Riva di Trento già dal 1554 ed un Antonio si era distinto per atti di valore nell' assedio di Vienna del 1683 per cui Sobieski, re di Polonia, gli aveva concesso di aggiungere allo stemma di nobiltà il motto: «Pro rege Armatus».

(Omissis)
Maria Antonietta Cofler era andata sposa a 22 anni al conte Gioppi che frattanto si era stabilito a Mantova quale notaio. Colà qualche anno prima aveva conosciuto le luminose figure di Enrico Tazzoli, di Carlo Poma (i futuri martiri di Belfiore), il confortatore di questi, Monsignor Luigi Martini, i patrioti Giovanni Arrivabene e Roberto Ardigò. Ritornando a Mantova quale sposa fu subito bene accolta fra le dame dell' aristocrazia che nel '52 erano state destinate a recarsi a Verona per chiedere a Radetzky la grazia per i condannati politici. Novantenne ripeteva con un tremito nella voce il racconto dell' esito infelice di quella missione, udito dalla viva voce di quelle stesse dame.
E quando nel marzo 1867 Garibaldi fu accolto trionfalmente nella città di Mantova, essa ebbe la somma gioia di lanciare sull'Eroe dal balcone del palazzo Gioppi una corona da lei stessa intrecciata: il Condottiero l'infilò prontamente ed elegantemente nella sua spada ricambiando l'omaggio con un commosso sorriso.
Antonio, nato nel 1863, era il quartogenito dei dodici figlioli. Della sua origine trentina era orgogliosissimo: fervidamente sentiva l'amore della terra natale dei suoi padri ove si soffriva e si lottava per la redenzione. Fatto adulto scelse la carriera militare come la più aderente all' aspirazione della famiglia e dell' ideale in cui era stato educato e cresciuto. Quando l'Italia entrò in guerra fu tra i primi a chiedere e a ottenere di essere mandato al fronte e la vecchia madre lo vide partire con commosso orgoglio. Colonnello al 7° Regg. Alpini partì per il Cadore (Tre Cime di Lavaredo) poi col 70° Fanteria per Oslavia ove si meritò una medaglia d'argento. Richiamato tra i suoi alpini fu inviato sul fronte trentino. Quale comandante di una frazione del Gruppo E (divenuto poi il 6° Gruppo Alpino) stava organizzandosi a Marostica quando fu dato l'allarme: il nemico aveva rotto le resistenze e scendeva per le valli. Con i suoi alpini risalì con precipitosa prontezza per Val d'Astico, Posina, Passo della Borcola, Monte Maggio sostenendo per due giorni l'urto nemico finché prendendo forte posizione tra Forni Alti a Malga Campiglia, riusciva ad assicurare il fianco destro delle truppe del Pasubio sostenendo ripetuti furiosi assalti nemici in condizioni disagevoli e difficili: la zona era nuda, coperta di neve ancor alta (giugno-luglio 1916), senza trincee, senza caverne, senza appostamenti per l'artiglieria. Privi di tende e di rifornimenti bevevano la neve disciolta e vivevano di animali selvatici. Pure in queste condizioni gli alpini fecero «spalto ed acciaio della loro fragile umanità». Per l'opera compiuta in quelle operazioni fu insignito dell'Ordine Militare di Savoia. Nella commozione di quel giorno egli, grande anche nella sua modestia, scriveva alla moglie: «24-IX-1916: Ieri fu giornata di forti emozioni. S.E. ha parlato ai miei alpini in modo commovente ma ha detto troppo bene di me di fronte a tante migliaia di uomini che tutti avevano combattuto e sofferto anche più di me: io avrei voluto nascondermi ... Sono lieto per la mia Mamma che ne sarà orgogliosa. Attendo dalle tue mani come un cavaliere antico, i nastrini delle decorazioni. . .».
Continuando nella controffensiva il suo Gruppo si distinse nella occupazione dell' alta Val Posina, di Monte Trappola e di Monte Spil e nel tentativo di conquista del Monte Corno, ed infine all' occupazione di M. Majo. In ottobre per liberare la Vallarsa dalla soggezione nella quale la teneva l'occupazione austriaca dell'Alpe di Cosmagnon fu iniziata una serie di operazioni che finirono con la conquista del Cosmagnon e del Dente Inferiore. A queste operazioni presero parte tutti i battaglioni del Gruppo E: il Dente fu preso e perduto e ripreso per ben nove volte! Durante l'ultima azione il fuoco nemico fece esplodere le munizioni accatastate all'imbocco d'una galleria: il conte Gioppi al suo posto di comando veniva travolto dalle pietre. Fu estratto morente mentre accanto a lui giacevano già morti due altri ufficiali del battaglione Exilles. Dilaniato da orribili ferite spirava il giorno dopo: il 14 ottobre 1916.



La motivazione della medaglia d'oro decretata alla memoria del conte Gioppi, ci dice - meglio di ogni commento - del Suo altissimo valore di soldato:
«Comandante di un gruppo alpino, impresse alle sue truppe tale slancio e col suo grande ascendente morale trasfuse in esse tale ardimento che nonostante le gravi difficoltà trionfava della fiera resistenza di un nemico in forze, risoluto, conquistando importanti posizioni ed affermandovisi. Sprezzante di ogni pericolo seguendo da presso le colonne moventi ai sanguinosi attacchi, pronto ad intervenire di persona quando le circostanze lo richiedessero, il 13 ottobre al suo posto di comando, battuto da micidiale fuoco avversario, cadeva mortalmente colpito da una granata nemica.

Monte Pasubio 9-13 ottobre 1916».

* * *
Medaglia d'Argento - «Conduceva con intelligenza e con mirabile costanza per tre giorni consecutivi in numerosi assalti il proprio reggimento contro forti posizioni nemiche, dando mirabile esempio di valore personale».

Oslavia, 10-13 novembre 1915.

* * *
Ordine Militare di Savoia - «Nell' attacco dell' alta Val Posina preparò l'azione con tale discernimento e la condusse con tanta energia da riuscire a ricacciare successivamente e continuamente l'avversario da tutte le posizioni di fondovalle. Successivamente nell' attacco di viva forza sul versante sinistro di detta valle lanciava le sue truppe con tale impeto da riuscire ad occupare posizioni nemiche solidissime cacciandone i difensori fortemente rafforzàtivi e le manteneva poi contro gli attacchi reiterati e violenti del nemico validamente appoggiati dal fuoco di artiglieria.
Dimostrò sempre perizia e coraggio».

28 giugno, 11-12-20-25 luglio 1916.

sabato 12 novembre 2016

12 NOVEMBRE 2016 - FABIO FILZI - MEMORIE SENZA TEMPO - 100 ANNI 1° CONFLITTO MONDIALE


Fabio Filzi (Pisino, 20 novembre 1884 – Trento, 12 luglio 1916) è stato un patriota irredentista italiano.




Fabio Filzi in divisa da sottotenente degli Alpini.

Biografia
Nacque in Istria, secondo dei quattro figli maschi di Giovanni Battista e Amelia Ivancich. Il padre era originario di Borgo Sacco, presso Rovereto, ma lavorava come insegnante di filologia classica nei licei di Pisino e Capodistria. Nel 1892 ottenne la cattedra al liceo-ginnasio di Rovereto e tornò in Trentino portando con sé la famiglia. Filzi, di conseguenza, cominciò gli studi liceali a Capodistria e li terminò brillantemente a Rovereto nel 1902. Entrò in contatto con gli ambienti irredentisti trentini nel 1901-1903.
Nel 1904, all'inaugurazione della facoltà italiana di giurisprudenza dell'università di Innsbruck, si erano verificati degli scontri fomentati dai tedeschi che avevano provocato un morto, vari feriti e numerosi arresti fra gli italiani, fra cui Cesare Battisti; in seguito a questi avvenimenti, Filzi fu a capo del movimento di protesta roveretano. Nello stesso anno fu chiamato ad assolvere il servizio di leva, venendo inquadrato nel 4º reggimento cacciatori di Salisburgo. Nel novembre finì sotto inchiesta con l'accusa di aver favorito la diserzione di un commilitone italiano; fu assolto, ma al momento del congedo venne bollato come "politicamente sospetto". Negli anni successivi venne richiamato tre volte, come da prassi, per lo svolgimento di esercitazioni militari e in una di queste occasioni sfidò a duello un ufficiale che aveva pronunciato ingiurie contro l'Italia; solo l'intervento del comandante scongiurò lo scontro.
Nel 1905, alla presenza di alcuni ginnasti trevisani in visita a Rovereto, recitò un violento discorso contro l'impero Austro-Ungarico e promise il suo impegno per la causa degli italiani nelle terre irredente. Nel frattempo attendeva agli studi universitari, iscrivendosi contemporaneamente a Graz alla facoltà di giurisprudenza e a Trieste presso la scuola commerciale "Revoltella". Nella città giuliana prese parte attiva alla Lega nazionale, alla Società degli studenti trentini e alla Giovine Trieste.
Nel novembre 1906 si recò con il fratello Ezio a Graz per unirsi agli studenti italiani che, chiedendo maggiori concessioni in ambito scolastico al governo, avevano bloccato le attività universitarie. Entrambi rimasero feriti durante gli scontri con elementi di etnia tedesca. Disertò l'esercito austro-ungarico per combattere, come volontario per l'Italia, nella prima guerra mondiale. Il 10 luglio 1916 il Battaglione Vicenza, formato dalle Compagnie 59ª, 60ª, 61ª e da una Compagnia di marcia comandata dal tenente Cesare Battisti, di cui il sottotenente Filzi era subalterno, ricevette l'ordine di occupare il Monte Corno (m. 1765) sulla destra del Leno in Vallarsa.
Fatto prigioniero assieme a Cesare Battisti lo stesso 10 luglio 1916, fu con lui condotto a Trento, processato e condannato a morte per alto tradimento. La sentenza fu eseguita tramite impiccagione (trattamento riservato a tutti i disertori e/o traditori) alle 19.30 del 12 luglio 1916 nella fossa del Castello del Buon Consiglio. Ad Arzignano, paese del quale fu ospite prima di partire per il fronte, gli è stato dedicato un monumento alla memoria.




Onorificenze
Per il suo eroismo in combattimento e il suo coraggio nel supremo sacrificio, gli viene concessa la Medaglia d'oro al valor militare con la seguente motivazione:
Fabio Filzi - Sottotenente 6º reggimento della 2ª compagnia del battaglione "Vicenza"
Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro al valor militare
«Nato e vissuto in terra italiana irredenta, all'inizio della guerra fuggì l'oppressore per dare il suo braccio alla Patria, e seguendo l'esempio del suo grande maestro Cesare Battisti, combatté da valoroso durante la vittoriosa controffensiva in Vallarsa nel giugno-luglio 1916. Nell'azione per la conquista di Monte Corno comandò con calma, fermezza e coraggio il suo plotone, resistendo fino all'estremo e soccombendo solo quando esuberanti forze nemiche gli preclusero ogni via di scampo. Fatto prigioniero e riconosciuto, prima di abbandonare i compagni, protestò ancora contro la brutalità austriaca e col nome d'Italia sulle labbra, affrontò eroicamente il patibolo.»
— Monte Corno di Vallarsa, 10 luglio 1916
La tredicesima galleria della strada delle 52 gallerie del Monte Pasubio, scavate in occasione dei combattimenti della prima guerra mondiale, porta il suo nome.

venerdì 11 novembre 2016

11 NOVEMBRE 2016 - SAN MARTINO




SAN MARTINO


Sabaria (ora Szombathely, Ungheria), 316-317 - Candes (Indre-et-Loire, Francia), 8 novembre 397


Nasce in Pannonia (oggi in Ungheria) a Sabaria da pagani. Viene istruito sulla dottrina cristiana ma non viene battezzato. Figlio di un ufficiale dell'esercito romano, si arruola a sua volta, giovanissimo, nella cavalleria imperiale, prestando poi servizio in Gallia. È in quest'epoca che si colloca l'episodio famosissimo di Martino a cavallo, che con la spada taglia in due il suo mantello militare, per difendere un mendicante dal freddo. Lasciato l'esercito nel 356, già battezzato forse ad Amiens, raggiunge a Poitiers il vescovo Ilario che lo ordina esorcista (un passo verso il sacerdozio). Dopo alcuni viaggi Martino torna in Gallia, dove viene ordinato prete da Ilario. Nel 361 fonda a Ligugé una comunità di asceti, che è considerata il primo monastero databile in Europa. Nel 371 viene eletto vescovo di Tours. Per qualche tempo, tuttavia, risiede nell'altro monastero da lui fondato a quattro chilometri dalla città, e chiamato Marmoutier. Si impegna a fondo per la cristianizzazione delle campagne. Muore a Candes nel 397. (Avvenire)

Patronato: Mendicanti



Etimologia: Martino = dedicato a Marte

Emblema: Bastone pastorale, Globo di fuoco, Mantello
Martirologio Romano: Memoria di san Martino, vescovo, nel giorno della sua deposizione: nato da genitori pagani in Pannonia, nel territorio dell’odierna Ungheria, e chiamato al servizio militare in Francia, quando era ancora catecumeno coprì con il suo mantello Cristo stesso celato nelle sembianze di un povero. Ricevuto il battesimo, lasciò le armi e condusse presso Ligugé vita monastica in un cenobio da lui stesso fondato, sotto la guida di sant’Ilario di Poitiers. Ordinato infine sacerdote ed eletto vescovo di Tours, manifestò in sé il modello del buon pastore, fondando altri monasteri e parrocchie nei villaggi, istruendo e riconciliando il clero ed evangelizzando i contadini, finché a Candes fece ritorno al Signore. 

giovedì 10 novembre 2016

10 NOVEMBRE 2016 - BEATA EMANUELA

AUGURI Manuela


Beata Emanuela del Sacro Cuore di Gesù (Manuela Arriola Uranga) Vergine e martire
10 novembre


Ondárroa, Spagna, 29 dicembre 1891 - Madrid, Spagna, 10 novembre 1936

Beatificata il 28 ottobre 2007.

mercoledì 9 novembre 2016

09 NOVEMBRE 2016 - FELICE CHIARLE - MEMORIE SENZA TEMPO - 100 ANNI 1° CONFLITTO MONDIALE


Felice Chiarle (Peschiera del Garda, 7 ottobre 1871 – Trambileno, 18 maggio 1916) è stato un militare italiano.



Maggiore del Regio esercito, partecipò alla prima guerra mondiale. Morì nella difesa della zona di Trambileno, nel Trentino, al comando del 17º Gruppo batterie alpine.




Onorificenze
Felice Chiarle fu insignito il 3 dicembre 1916 della Medaglia d'oro al valor militare alla memoria, con la seguente motivazione:
Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro al valor militare
«Comandante di un gruppo di artiglieria da montagna in sussidio alle Fanterie, mancando il Capitano di una delle batterie più esposte, ne assumeva personalmente il comando che tenne per quattro giorni sotto intenso bombardamento nemico e fino a quando gli vennero distrutti tutti i pezzi. Ferito nei primi due giorni alla spalla ed alla testa si rifiutava di lasciare i suoi uomini e la posizione che concorreva poi, con i superstiti, all'assalto alla baionetta con le Fanterie, cadendo eroicamente sul campo»
— Trambileno, 15-18 maggio 1916

martedì 8 novembre 2016

08 NOVEMBRE 2016 - UMBERTO CERBONI - MEMORIE SENZA TEMPO - 100 ANNI 1° CONFLITTO MONDIALE

Umberto Cerboni (Roma, 1º ottobre 1891 – Trambileno, 17 maggio 1916) è stato un militare italiano.
1º ottobre 1891 – 17 maggio 1916(24 anni)
Nato a Roma
Morto a Trambileno
Dati militari
Paese servito Italia
Forza armata esercito
Unità Brigata "Roma"
Reparto 80º Reggimento di Fanteria.
Grado tenente


Biografia
Ex-allievo della Scuola Militare Nunziatella, tenente dell'80º Reggimento di Fanteria.
Fu dispiegato con il proprio reparto nella zona tra la Val Morbia e Zocchia, un'area posta alle pendici del monte Pasubio ed attraversata dal torrente Leno di Terragnolo.
Il 15 maggio 1916 costituì con il proprio reparto uno dei punti cardine della resistenza italiana contro la Strafexpedition austriaca, posizionandosi come punta avanzata dello schieramento italiano, il quale aveva il grosso delle forze schierate sull'Isonzo.
Constatata da parte del comando generale l'impossibilità di resistere, dato che il reparto era sprovvisto di artiglieria, l'8ª compagnia della Brigata Roma, ricevette l'ordine di ripiegare sull'altipiano di Pozza, una zona a valle del Col Santo.
Una volta attestato in loco, il tenente Cerboni ricevette l'ordine di costituire una posizione di difesa avanzata, in modo da permettere al grosso delle truppe di ritirarsi sulla riva sinistra del torrente Leno. Il reparto venne presto accerchiato dalle forze austriache, che gli intimarono la resa. Umberto Cerboni, pur ferito, rifiutò di arrendersi e anzi contrattaccò seguito dai suoi uomini, la maggioranza dei quali proveniva dalle provincie di Napoli, Caserta, Benevento, Cosenza, Messina e Siracusa. Esaurite le munizioni, Cerboni proseguì l'assalto all'arma bianca, fino al quasi completo massacro dell'intero reparto, il quale guadagnò sul campo 15 medaglie d'oro al valor militare.
Al tenente Cerboni ed ai suoi uomini è stata dedicata sul monte Pasubio, nella zona di Pian delle Fugazze la cosiddetta Strada degli Eroi, originariamente una mulattiera, che è stata ampliata e migliorata a partire dal 1937 ed inaugurata il 26 giugno 1938. La strada parte dalla galleria dedicata al generale Giuseppe d’Havet e termina al rifugio Achille Papa, e lungo di essa sono collocate le effigi di Cerboni e delle altre medaglie d'oro, tra cui quella del colonnello Edoardo Suarez, anch'egli ex-allievo della Nunziatella.



Onorificenze
Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro al valor militare
«In giornate che misero a dura prova il valore e la resistenza dei nostri, seppe con la compagnia al suo comando, mercé il grande ascendente morale e l’esempio del valore personale, costituire una linea di petti irremovibili. Ricevuto l’ordine di abbandonare la sua insostenibile posizione, ripiegava coi resti del valoroso reparto, riportandolo al fuoco su altro punto del fronte. Successivamente, avuto il compito di guarnire una posizione avanzata, dalla quale si sarebbe poi dovuto sferrare un contrattacco, vi si portava alla testa di un manipolo dei suoi. Accerchiato da un nugolo di nemici che gli intimarono la resa, benché conscio dell’impossibilità di compiere il suo mandato, si lanciava eroicamente nella lotta, abbattendo i più audaci col calcio del moschetto. Percosso, ferito, stretto più da vicino, neppure si arrese ed altri nemici uccideva all’arma bianca finché, sopraffatto dal numero, cadeva da eroe, fulgido esempio del più alto valore, spinto fino al consapevole sacrificio di se stesso, nel compimento del dovere. Altipiano di Pozza (Trentino), 15 - 17 maggio 1916.»
— Trambileno, 17 maggio 1916

lunedì 7 novembre 2016

07 NOVEMBRE 2016 - ALDO BELTRICCO - MEMORIE SENZA TEMPO - 100 ANNI 1° CONFLITTO MONDIALE

Aldo Beltricco (San Damiano Macra, 9 luglio 1892 – Monte Pasubio, 10 settembre 1916) è stato un militare italiano che ha svolto servizio nel corpo degli alpini.



Biografia
Nasce da papà Carlo di Demonte, medico condotto, e da mamma Bernardi Amalia di San Damiano Macra. Aldo è il secondogenito di sei fratelli. Anni dopo la famiglia si trasferisce a Dronero dove Aldo frequenta le Scuole Medie Inferiori. Poi prosegue gli studi a Carmagnola e a Savigliano dove nel 1911 consegue la licenza liceale. Nell'autunno entra nell'Accademia Militare di Modena e diventa Ufficiale degli Alpini.
Allo scoppio della Grande Guerra, nell'agosto del 1914 è sottotenente nel Battaglione Ceva del 1º Reggimento Alpini. Trascorre i primi mesi di guerra in Carnia, poi nella Conca di Plezzo dove è promosso tenente e quindi capitano a soli 24 anni.
Viene trasferito al 5º Reggimento di Fanteria della Brigata Aosta dove vive mesi di trincea. Nel luglio del 1916 ritorna tra gli alpini al 4º Reggimento, come comandante della 41ª Compagnia del "glorioso" Battaglione Aosta sotto il comando del maggiore Ernesto Testa Fochi.
Il Battaglione si trasferisce sul Monte Pasubio dove il 9 settembre 1916 viene raggiunto dall'ordine di conquistare le posizioni austriache. La 41ª Compagnia deve muoversi per prima ad aprire il varco. Il 10 settembre nell'attacco delle posizioni nemiche viene colpito a morte. Secondo la testimonianza di Don Nervo, i nemici austriaci gli diedero onorata sepoltura.
Onorificenze
Per il suo coraggio e il suo eroismo, il 31 dicembre 1916, gli viene conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:



Medaglia d'oro al valor militare
«Con indomito coraggio, in testa alla propria compagnia, sotto un fuoco violentissimo di mitragliatrici ed artiglierie nemiche, si portava presso le trincee avversarie. Magnifico esempio di eroismo, al grido di « Savoia » si slanciava per tre volte successive coi propri uomini all'assalto e raggiunto il reticolato, si apriva un varco, quindi si spingeva con pochi superstiti sul ciglio della trincea avversaria, ove colpito a morte, perdeva gloriosamente la vita[1].»
— Coston di Lora (Monte Pasubio), 10 settembre 1916

domenica 6 novembre 2016

06 NOVEMBRE 2016 - CESARE BATTISTI - 100 ANNI 1° CONFLITTO MONDIALE

Cesare Battisti (Trento, 4 febbraio 1875 – Trento, 12 luglio 1916) è stato un patriota, giornalista, geografo, politico socialista e irredentista italiano.
Cittadino austriaco di nascita, diresse giornali nella Trento asburgica e fu deputato al Parlamento di Vienna. Allo scoppio della grande guerra combatté per la parte italiana. Catturato dai Kaiserjäger guidati dal trentino Bruno Franceschini, fu processato e impiccato per alto tradimento in quanto deputato austriaco.

Insieme a Guglielmo Oberdan, Damiano Chiesa, Fabio Filzi, Francesco Rismondo e Nazario Sauro è considerato tra le più importanti figure della causa dell'irredentismo italiano ed eroe nazionale.
Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]
LA DISPERATA AVSTRIACA FEROCIA VOLLE OFFESI E PVNITI IN CESARE BATTISTI LA STIRPE LA FEDE L'AMORE DELLA PATRIA E DELLA LIBERTÀ E NELLA CIECA BARBARIE DEL SVPPLIZIO SÉ CONDANNÒ ALL'OBBROBRIO DEL MONDO LVI VOTANDO ALL'AMMIRAZIONE DEI SECOLI --- ALLA MEMORIA DEL MARTIRE ROMA INTERPRETE DEL CVORE D'ITALIA XX SETTEMBRE MCMXVI






Medaglia d'oro al valor militare
«Esempio costante di fulgido valor militare, il 10 luglio 1916, dopo aver condotto all'attacco, con mirabile slancio, la propria compagnia, sopraffatto dal nemico soverchiante, resistette con pochi alpini, fino all'estremo, finché tra l'incerto tentativo di salvarsi voltando il tergo al nemico ed il sicuro martirio, scelse il martirio. Affrontò il capestro austriaco con dignità e fierezza, gridando prima di esalare l'ultimo respiro: "Viva l'Italia!" e infondendo così con quel grido e col proprio sacrificio, sante e nuove energie nei combattenti d'Italia.»
— Monte Corno di Vallarsa, 10 luglio 1916

sabato 5 novembre 2016

05 NOVEMBRE 2016 - MEMORIE SENZA TEMPO

Seconda Battaglia di El Alamein
Data
23 ottobre - 5 novembre 1942
Luogo
El Alamein, Egitto








venerdì 4 novembre 2016

04 NOVEMBRE 2016 - FESTA DELL'UNITA' NAZIONALE

FESTA DELL'UNITA' NAZIONALE


04 NOVEMBRE 2016 - SAN CARLO BORROMEO

San Carlo Borromeo Vescovo
 4 novembre Arona, Novara, 1538 - Milano, 3 novembre 1584
 Nato nel 1538 nella Rocca dei Borromeo, sul Lago Maggiore, era il secondo figlio del Conte Giberto e quindi, secondo l'uso delle famiglie nobiliari, fu tonsurato a 12 anni. Studente brillante a Pavia, venne poi chiamato a Roma, dove venne creato cardinale a 22 anni. Fondò a Roma un'Accademia secondo l'uso del tempo, detta delle «Notti Vaticane». Inviato al Concilio di Trento, nel 1563 fu consacrato vescovo e inviato sulla Cattedra di sant'Ambrogio di Milano, una diocesi vastissima che si estendeva su terre lombarde, venete, genovesi e svizzere. Un territorio che il giovane vescovo visitò in ogni angolo, preoccupato della formazione del clero e delle condizioni dei fedeli. Fondò seminari, edificò ospedali e ospizi. Utilizzò le ricchezze di famiglia in favore dei poveri. Impose ordine all'interno delle strutture ecclesiastiche, difendendole dalle ingerenze dei potenti locali. Un'opera per la quale fu obiettivo di un fallito attentanto. Durante la peste del 1576 assistì personalmente i malati. Appoggiò la nascita di istituti e fondazioni e si dedicò con tutte le forze al ministero episcopale guidato dal suo motto: «Humilitas». Morì a 46 anni, consumato dalla malattia il 3 novembre 1584




giovedì 3 novembre 2016

03 NOVEMBRE 2016 - SANTA SILVIA

AUGURI Silvia

Santa Silvia Madre di S. Gregorio Magno
3 novembre

VI secolo
Silvia è stata la madre di san Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa del VI secolo. Questi visse a Roma sul Celio in un ambiente cristiano esemplare anche grazie alla santità delle zie (cognate di Silvia) Tersilia ed Emiliana (o Amelia). La famiglia era importante anche dal punto di vista civile: il marito di Silvia, Gordiano, era un integerrimo senatore divenuto anche lui cristiano. Silvia seppe conciliare la guida della famiglia con le esigenze della radicalità evangelica. Dal figlio Gregorio traspare la sua santità. Su di lui, infatti, l'esempio e l'insegnamento della madre deve avere avuto un peso che non si può ignorare. Quando Gregorio non ebbe più bisogno he della sua guida, Silvia abbandonò il mondo e si ritirò a vita claustrale presso la basilica di San Paolo fuori le mura. Morì probabilmente verso il 590. (Avvenire)
Etimologia: Silvia = abitatrice delle selve, donna dei boschi, selvaggia, dal latino

Martirologio Romano: A Roma, commemorazione di santa Silvia, madre del papa san Gregorio Magno, che, secondo quanto lo stesso Pontefice riferì nei suoi scritti, raggiunse il vertice della vita di preghiera e di penitenza e fu per il prossimo un eccelso esempio.


mercoledì 2 novembre 2016

02 NOVEMBRE 2016 - COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI

Commemorazione di tutti i fedeli defunti
2 novembre


La pietas verso i morti risale agli albori dell’umanità. In epoca cristiana, fin dall’epoca delle catacombe l’arte funeraria nutriva la speranza dei fedeli. A Roma, con toccante semplicità, i cristiani erano soliti rappresentare sulla parete del loculo in cui era deposto un loro congiunto la figura di Lazzaro. Quasi a significare: Come Gesù ha pianto per l’amico Lazzaro e lo ha fatto ritornare in vita, così farà anche per questo suo discepolo! La commemorazione liturgica di tutti i fedeli defunti, invece, prende forma nel IX secolo in ambiente monastico. La speranza cristiana trova fondamento nella Bibbia, nella invincibile bontà e misericordia di Dio. «Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!», esclama Giobbe nel mezzo della sua tormentata vicenda. Non è dunque la dissoluzione nella polvere il destino finale dell’uomo, bensì, attraversata la tenebra della morte, la visione di Dio. Il tema è ripreso con potenza espressiva dall’apostolo Paolo che colloca la morte-resurrezione di Gesù in una successione non disgiungibile. I discepoli sono chiamati alla medesima esperienza, anzi tutta la loro esistenza reca le stigmate del mistero pasquale, è guidata dallo Spirito del Risorto. Per questo i fedeli pregano per i loro cari defunti e confidano nella loro intercessione. Nutrono infine la speranza di raggiungerli in cielo per unirsi gli eletti nella lode della gloria di Dio.
Martirologio Romano: Commemorazione di tutti i fedeli defunti, nella quale la santa Madre Chiesa, già sollecita nel celebrare con le dovute lodi tutti i suoi figli che si allietano in cielo, si dà cura di intercedere presso Dio per le anime di tutti coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede e si sono addormentati nella speranza della resurrezione e per tutti coloro di cui, dall’inizio del mondo, solo Dio ha conosciuto la fede, perché purificati da ogni macchia di peccato, entrati nella comunione della vita celeste, godano della visione della beatitudine eterna.

martedì 1 novembre 2016

01 NOVEMBRE 2016 - FESTA DI TUTTI I SANTI

Tutti i Santi
1 novembre


Come in un bassorilievo antico i volti dei santi in Paradiso guardano in un’unica direzione. Sono rapiti da una corrente d’amore che cattura i loro sguardi a formare l’unica Chiesa che ha un cuor solo e un’anima sola. L’originaria corrente d’amore trinitaria non si vede, protetta dalla nuvola dorata che l’amore di Dio ha innalzato ad impedire che la creatura svanisca di fronte alla sua onnipotenza. Il loro sguardo è diretto verso il centro dove si erge la figura dell’Agnello che ancora reca le cicatrici del supplizio. Sono segni trasfigurati. Le ferite dei chiodi e della lancia hanno lasciato il posto alle stigmate del martirio, testimonianza di un amore eterno che non viene mai meno e sempre pulsa a conquistare il cuore degli uomini. A quella vista anche i volti dei fedeli in contemplazione sono trasfigurati.
Risplendono sul loro volto le beatitudini da Gesù proclamate sul monte. I poveri di spirito si sentono a casa. I volti rigati dalle lacrime sono asciutti. Sono appagati gli sguardi di coloro che hanno percorso la vita alla ricerca della giustizia. I miti, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati, i martiri, sono protetti dal manto della misericordia di Dio. Splendenti di luce, i beati leggono nel cuore degli uomini, sanno delle loro paure e dei loro affanni e tengono viva la comunione tra cielo e terra. La festa dei santi è speranza per i cristiani e per gli uomini che Dio ama.
Martirologio Romano: Solennità di tutti i Santi uniti con Cristo nella gloria: oggi, in un unico giubilo di festa la Chiesa ancora pellegrina sulla terra venera la memoria di coloro della cui compagnia esulta il cielo, per essere incitata dal loro esempio, allietata dalla loro protezione e coronata dalla loro vittoria davanti alla maestà divina nei secoli eterni.