lunedì 29 settembre 2014

29 SETTEMBRE 2014 - SAN RAFFAELE ARCANGELO

San Raffaele Arcangelo
29 settembre


Nel Nuovo Testamento il termine "arcangelo" è attribuito a Michele. Solo in seguito venne esteso a Gabriele e Raffaele, gli unici tre arcangeli riconosciuti dalla Chiesa, il cui nome è documentato nella Bibbia. San Raffaele, "Dio guarisce", è nominato ampliamente nel libro di Tobia ed in molti apocrifi ed è invocato come guaritore.
Patronato: Ciechi

Etimologia: Raffaele (come Raffaella e Raffaello) = Dio guarisce, dall'ebraico

Martirologio Romano: Festa dei santi Michele, Gabriele e Raffaele, arcangeli. Nel giorno della dedicazione della basilica intitolata a San Michele anticamente edificata a Roma al sesto miglio della via Salaria, si celebrano insieme i tre arcangeli, di cui la Sacra Scrittura rivela le particolari missioni: giorno e notte essi servono Dio e, contemplando il suo volto, lo glorificano incessantemente.

sabato 27 settembre 2014

27 SETTEMBRE 2014 - SANTI COSMA E DAMIANO

Santi Cosma e Damiano Martiri
26 settembre - Memoria Facoltativa

sec. III, inizio sec. IV

Cosma e Damiano, medici anàrgiri (gratuiti), secondo un’antica tradizione subirono il martirio a Ciro in Siria e il loro culto fu assai diffuso in tutta la Chiesa fin dal sec. IV. Il 26 settembre è la probabile data della dedicazione della basilica che a Roma porta il loro nome, edificata da Felice IV (525-530). Di loro si fa memoria nel Canone romano.
Patronato: Medici, Chirurghi, Farmacisti, Parrucchieri

Emblema: Palma, Strumenti chirurgici

Martirologio Romano: Santi Cosma e Damiano, martiri, che si ritiene abbiano esercitato a Cirro nella provincia di Eufratesia, nell’odierna Turchia, la professione di medici senza chiedere alcun compenso e abbiano sanato molti con le loro gratuite cure.

mercoledì 17 settembre 2014

17 SETTEMBRE 2014 - SAN ROBERTO BELLARMINO



San Roberto Bellarmino Vescovo e dottore della Chiesa

17 settembre - Memoria Facoltativa

Montepulciano, Siena, 1542 - Roma, 17 settembre 1621


Roberto Bellarmino nacque a Montepulciano nel 1542 da una ricca e numerosa famiglia. Nel 1560 entrò nella Compagnia di Gesù. Studiò a Padova e a Lovanio e al Collegio romano di Roma. In quegli anni tra i suoi alunni c'era anche san Luigi Gonzaga. Venne creato cardinale e arcivescovo di Capua nel 1599. Divenne un affermato teologo postridentino. Scrisse molte opere esegetiche, pastorali e ascetiche; fondamentali per l'apologetica sono i voluminosi libri «De controversiis». Con un'opera semplice nella struttura ma ricca di sapienza come il suo «Catechismo» fu "maestro" di tante generazioni di fanciulli. Famoso anche un altro suo volume «L'arte del ben morire». Morì il 17 settembre 1621 a Roma. Nel 1930, ebbe da papa Pio XI la triplice glorificazione di beato, di santo e di dottore della Chiesa. (Avvenire)




Etimologia: Roberto = splendente di gloria, dal tedesco

Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: San Roberto Bellarmino, vescovo e dottore della Chiesa, della Compagnia di Gesù, che seppe brillantemente disputare nelle controversie teologiche del suo tempo con perizia e acume. Nominato cardinale, si dedicò con premura al ministero pastorale nella Chiesa di Capua e, infine, a Roma si adoperò molto in difesa della Sede Apostolica e della dottrina della fede.

mercoledì 10 settembre 2014

10 SETTEMBRE 2014 - SAN NICOLA DA TOLENTINO


San Nicola da Tolentino Sacerdote

10 settembre

Castel Sant’Angelo (ora Sant’Angelo in Pontano, Macerata), 1245 - Tolentino (Macerata), 10 settembre 1305


Nacque nel 1245 a Castel Sant'Angelo in Pontano nella diocesi di Fermo. A 14 anni entrò fra gli eremitani di sant'Agostino di Castel Sant'Angelo come oblato, cioè ancora senza obblighi e voti. Più tardi entrò nell'ordine e nel 1274 venne ordinato sacerdote a Cingoli. La comunità agostiniana di Tolentino diventò la sua «casa madre» e suo campo di lavoro il territorio marchigiano con i vari conventi dell'Ordine, che lo accoglievano nell'itinerario di predicatore. Dedicava buona parte della sua giornata a lunghe preghiere e digiuni. Un asceta che diffondeva sorriso, un penitente che metteva allegria. Lo sentivano predicare, lo ascoltavano in confessione o negli incontri occasionali, ed era sempre così: veniva da otto-dieci ore di preghiera, dal digiuno a pane e acqua, ma aveva parole che spargevano sorriso. Molti venivano da lontano a confessargli ogni sorta di misfatti, e andavano via arricchiti dalla sua fiducia gioiosa. Sempre accompagnato da voci di miracoli, nel 1275 si stabilì a Tolentino dove resterà fino alla morte il 10 settembre 1305.


Etimologia: Nicola = vincidore del popolo, dal greco

Emblema: Cesto di pane, Pane, Stella
Martirologio Romano: A Tolentino nelle Marche, san Nicola, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, che, dedito a una severa astinenza e assiduo nella preghiera, fu severo con se stesso, ma clemente con gli altri, e spesso imponeva a sé le penitenze altrui.

lunedì 8 settembre 2014

08 SETTEMBRE 2014 - NATIVITA' DI MARIA

Natività della Beata Vergine Maria
8 settembre


Questa celebrazione, che ricalca sul Cristo le prerogative della Madre, è stata introdotta dal papa Sergio I (sec VII) nel solco della tradizione orientale. La natività della Vergine è strettamente legata alla venuta del Messia, come promessa, preparazione e frutto della salvezza. Aurora che precede il sole di giustizia, Maria preannunzia a tutto il mondo la gioia del Salvatore. (Mess. Rom.)
Martirologio Romano: Festa della Natività della Beata Vergine Maria, nata dalla discendenza di Abramo, della tribù di Giuda, della stirpe del re Davide, dalla quale è nato il Figlio di Dio fatto uomo per opera dello Spirito Santo per liberare gli uomini dall’antica schiavitù del peccato.

venerdì 5 settembre 2014

05 SETTEMBRE 2014 - BEATO GUGLIELMO BROWNE

Auguri Guglielmo!

Beato Guglielmo (William) Browne Martire
5 settembre

Northampton XVI sec. – Ripon, † 5 settembre 1605
Etimologia: Guglielmo = la volontà lo protegge, dal tedesco

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Ripon in Inghilterra, beato Guglielmo Browne, martire, che, condannato a morte sotto il re Giacomo I per avere indotto altre persone ad accogliere la fede cattolica, fu impiccato e poi crudelmente sventrato.



La storia delle persecuzioni anticattoliche in Inghilterra, Scozia, Galles, parte dal 1535 e arriva al 1681; il primo a scatenarla fu com’è noto il re Enrico VIII, che provocò lo scisma d’Inghilterra con il distacco della Chiesa Anglicana da Roma.
Artefici più o meno cruenti furono oltre Enrico VIII, i suoi successori Edoardo VI (1547-1553), la terribile Elisabetta I, la ‘regina vergine’ († 1603), Giacomo I Stuart, Carlo I, Oliviero Cromwell, Carlo II Stuart.
Morirono in 150 anni di persecuzioni, migliaia di cattolici inglesi appartenenti ad ogni ramo sociale, testimoniando il loro attaccamento alla fede cattolica e al papa e rifiutando i giuramenti di fedeltà al re, nuovo capo della religione di Stato.
Primi a morire come gloriosi martiri, il 4 maggio e il 15 giugno 1535, furono 19 monaci Certosini, impiccati nel tristemente famoso Tyburn di Londra, l’ultima vittima fu l’arcivescovo di Armagh e primate d’Irlanda Oliviero Plunkett, giustiziato a Londra l’11 luglio 1681.
L’odio dei vari nemici del cattolicesimo, dai re ai puritani, dagli avventurieri agli spregevoli ecclesiastici eretici e scismatici, ai calvinisti, portò ad inventare efferati sistemi di tortura e sofferenze per i cattolici arrestati.
In particolare per tutti quei sacerdoti e gesuiti, che dalla Francia e da Roma, arrivavano clandestinamente come missionari in Inghilterra per cercare di riconvertire gli scismatici, per lo più essi erano considerati traditori dello Stato, in quanto inglesi rifugiatosi all’estero e preparati in opportuni Seminari per il rientro.
Tranne rarissime eccezioni come i funzionari di alto rango (Tommaso Moro, Giovanni Fisher, Margherita Pole) decapitati o uccisi velocemente, tutti gli altri subirono prima della morte, indicibili sofferenze, con interrogatori estenuanti, carcere duro, torture raffinate come “l’eculeo”, la “figlia della Scavinger”, i “guanti di ferro” e dove alla fine li attendeva una morte orribile; infatti essi venivano tutti impiccati, ma qualche attimo prima del soffocamento venivano liberati dal cappio e ancora semicoscienti venivano sventrati.
Dopo di ciò con una bestialità che superava ogni limite umano, i loro corpi venivano squartati ed i poveri tronconi cosparsi di pece, erano appesi alle porte e nelle zone principali della città.
Solo nel 1850 con la restaurazione della Gerarchia Cattolica in Inghilterra e Galles, si poté affrontare la possibilità di una beatificazione dei martiri, perlomeno di quelli il cui martirio era comprovato, nonostante i due-tre secoli trascorsi.
Nel 1874 l’arcivescovo di Westminster inviò a Roma un elenco di 360 nomi con le prove per ognuno di loro.
A partire dal 1886 i martiri a gruppi più o meno numerosi, furono beatificati dai Sommi Pontefici, una quarantina sono stati anche canonizzati nel 1970.
William Browne nacque nella contea di Northampton, della sua vita si sa poco, tranne che fa parte della numerosa schiera di fedeli della Chiesa Cattolica, che preferirono morire martiri pur di non tradire la propria fede.
Egli era domestico nella casa del nobile Tommaso Darcy ed era noto per il suo zelo nel rifiutare e nel fare rifiutare il giuramento sulla supremazia del re in campo spirituale, nel non frequentare i riti protestanti e nell’incitare alla fedeltà verso la religione cattolica.
Per questi motivi William Browne fu arrestato e processato sotto il regno di Giacomo I Stuart (1566-1625) e condannato alla pena capitale come reo di alto tradimento.
Il 5 settembre 1605 fu impiccato, sviscerato e poi squartato a Ripon. Il martire venne beatificato il 5 dicembre 1929 da papa Pio XI, insieme ad altre 106 vittime di quelle feroci persecuzioni.

mercoledì 3 settembre 2014

martedì 2 settembre 2014

lunedì 1 settembre 2014

01 SETTEMBRE 2014 - MADONNA DI MONTEVERGINE

Madonna di Montevergine
1 settembre





A quasi 1300 metri di altezza, nella catena del Partenio, nell’Appennino irpino, tra vette gigantesche che formano autentici baluardi dell’altopiano, sorge il più famoso santuario dell’Italia Meridionale, sul posto che ai tempi del grande poeta latino Virgilio, sorgeva un tempietto dedicato a Cibele, dea della natura e della fecondità.
Virgilio che era un intenditore, salì varie volte su questo altopiano che porta il suo nome, lasciando i suoi impegni a Napoli, per trovare le pianticelle aromatiche per distillare gli elisir di lunga vita, che poi nei secoli successivi e ancora oggi, i frati produssero distillando i liquori benedettini tipici del luogo.
Non era facile arrampicarsi lassù su quei monti dell’Irpinia, ma alle dovute soste per riposarsi, ci si poteva ritemprare lo spirito con le vedute mozzafiato che da lì si ammiravano, dal Vesuvio, alla vicina Avellino, l’intero golfo di Napoli con le meravigliose isole di Capri, Ischia, Procida e poi la vasta pianura della fertile Campania.
Nei primi anni del 1000, arrivò su questa montagna un giovane pellegrino diretto in Palestina, ma per volere di Dio dirottato qui, Guglielmo da Vercelli.
Con addosso un saio visitò i Santuari dell’Italia settentrionale, poi andò in Spagna a S. Giacomo di Compostella e al suo ritorno decise di percorrere tutta la penisola per andare in Terrasanta; ma proprio quassù Gesù gli apparve dicendogli di fermarsi e di erigere un tempio alla Vergine al posto di quello dedicato alla Gran Madre pagana.
Guglielmo non era di carattere facile e dopo aver distrutto il preesistente tempio con l’idolo, si impose a vescovi e papi, per mettere in atto il suo intento e costruì una piccola chiesa alla Vergine Maria. Fondò una Organizzazione monastica germogliata dal tronco benedettino che chiamò Congregazione Verginiana; la fama di questi eremiti - monaci si sparse in tutta l’Italia Meridionale e Sicilia.
San Guglielmo espose nella chiesetta alla venerazione dei fedeli, una piccola immagine della Madonna, che negli ultimi decenni del XII secolo fu sostituita da una bellissima tavola, dove la Vergine appare incoronata e in atto di allattare il Bambino, questa tavola è conservata nel museo del Santuario ed è detta ‘Madonna di s. Guglielmo’. Il santo monaco fondatore si spense probabilmente il 25 giugno del 1142 nel monastero di S. Salvatore in Goleto (AV), mentre i primi pellegrini salivano il monte Partenio, sempre più numerosi.
Ben presto Montevergine diventò la casa madre di 50 piccoli monasteri che erano stati via via fondati, poté così imporre la realtà della propria esistenza ai papi ed ai re di Napoli, chiedendo la propria indipendenza.
I re normanni ed angioini fecero a gara a dare all’abbazia, sorta vicino alla chiesetta, una autosufficienza economica, esentandola da tributi e donandole feudi e un castello per l’abate.
Sotto gli angioini (1266-1435) la chiesa di stile romanico fu trasformata notevolmente nelle strutture ed ampliata in stile gotico, con altare maggiore cosmatesco e a tre ordini di colonne.
La tavola della Madonna fu sostituita intorno al 1300 da una immagine imponente, su una tavola di notevoli proporzioni, rappresentante la Madonna, che prenderà il titolo di Montevergine, seduta su una grande seggiola, con il Bambino sulle ginocchia.
L’icona giunse a Montevergine circondata da leggenda e devozione; si diceva dipinta addirittura da s. Luca, che aveva conosciuta la Madonna e aveva osato ritrarla, egli sarebbe soltanto l’autore del capo, ma sgomento non aveva finito il viso; addormentatosi, l’aveva trovato completato il mattino dopo da misterioso intervento celeste. Il quadro sarebbe stato prima esposto a Gerusalemme, poi trasferito ad Antiochia, poi a Costantinopoli, infine a Napoli, qui finì nelle mani di Caterina II sposa di Filippo di Taranto, la quale lo fece completare, si dice, da Montano d’Arezzo e lo donò al Santuario di Montevergine.
Studi espletati nei secoli successivi, hanno escluso la pittura sia di s. Luca che di Montano d’Arezzo, attribuendo l’esecuzione dell’opera a Pietro Cavallino dei Cerroni, pittore di corte di Carlo II d’Angiò, che l’avrebbe dipinta fra il 1270 e il 1325, egli era portato per le opere di grandi dimensioni, infatti il quadro del santuario misura metri 4,60 x 2,10 e pesa otto quintali, con linee bizantineggianti e con intonazione personale proprio dello stile del Cavallino.
Al popolo non è mai interessato chi l’avesse dipinta, essa piacque subito e nella semplicità della fede che gli venne tributata, la chiamarono la “Madonna Bruna” o anche “Mamma Schiavona”, etimologia incerta ma di sicura presa.. C’è tutta una letteratura descrittiva dei pellegrinaggi a Montevergine, con quadri e disegni di illustri viaggiatori che ne descrivevano il folklore, specie per quelli provenienti da Napoli; su carretti addobbati con cavalli e i suoni e feste che accompagnavano il ritorno; fino agli anni ’60 del nostro secolo i carretti erano stati sostituiti da auto decappottabili, tutte addobbate, come i pellegrini compreso l’autista noleggiatore, vestivano abiti uguali e tutti dello stesso colore sgargiante degli addobbi dell’auto.
Oggi si sale con una comoda funicolare e con un agevole strada per auto e i bus; i pellegrini sono calcolati sul milione e mezzo ogni anno. Ma i pellegrinaggi veri e propri che si fanno da secoli, sono a piedi, salendo il monte anche di notte, molti a piedi nudi, per penitenza o per chiedere una grazia per sé o per i suoi cari.
Per secoli sotto l’altare maggiore del Santuario furono custodite le reliquie di s. Gennaro, finché vinte la resistenze dei monaci e dei fedeli locali, esse poterono essere trasferite nel duomo di Napoli.
Il Santuario ebbe ancora due rifacimenti, uno nel 1622 per ragioni statiche e di moda, con trasformazioni barocche e l’altro a partire dal 1948 fino al 1961, quando ci fu l’intera costruzione di un santuario più grande, inglobando però la precedente struttura.
L’enorme quadro della Madonna è posto sulla parete di fondo su un nuovo trono che prende tutta l’altezza della parete. Interessante la sala degli ex-voto, dove già dal 1599 erano raccolte le tabelle votive, scolpite o dipinte raffiguranti le grazie che si era ricevuto, quasi tutte in argento; testimonianza storica di una fede ormai millenaria nella Madre celeste.
Nella cripta vi sono in un’urna d’argento, i resti di s. Guglielmo di Vercelli fondatore, nelle due basiliche la vecchia e la nuova vi sono le tombe di vari principi, nobili, ecclesiastici, che nei secoli hanno voluto riposare accanto alla Madonna di Montevergine.
Ai piedi del monte vi è il palazzo abbaziale di Loreto del 1700, residenza d’inverno dell’abate e di quasi tutti i monaci, spostamento dovuto al clima molto rigido ed alla neve del periodo invernale. Nel palazzo è ospitata la farmacia con una importante raccolta di vasi e l’archivio con incunaboli e novecento pergamene, molte scritte da re e pontefici, alcune risalenti all’epoca di s. Guglielmo.